di Salvo Barbagallo
E’ sempre vero che gli “scandali” in Italia meravigliano poco, ma è pur sempre vero che comunque riescono a intaccare l’indifferenza, anche se “per poco” tempo. E in attesa (senza meraviglia) che sopravvenga un altro scandalo. I mass media non trascurano mai gli “scandali” e quando si verificano su un piano “nazionale” danno il risalto che meritano, ovviamente fino a prova contraria quando gli scandali si “sgonfiano” o passano in secondo piano, ora per un motivo, ora per un altro. Chi apprende la notizia di uno scandalo la commenta e se ne dimentica, tranne nel caso che le persone coinvolte non siano note o che facciano parte della collettività nella quale si vive quotidianamente. Così, per esempio, in Sicilia in materia di scandali quanto accade nel Continente viene considerato avvenimento “normale”, nella maggior parte delle volte, ma se poi si riscontra pure una diramazione “isolana”, diventa un “caso”. E’ quanto si sta verificando con gli arresti per corruzione che riguardano appalti dell’Anas. Martedì scorso (20 ottobre) trecento finanzieri sono stati impegnati in 90 perquisizioni effettuate in 10 regioni, nell’esecuzione delle ordinanze emesse nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di Finanza denominata “Dama nera”. Dieci i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare: Antonella Accroianò. Oreste De Grossi, Sergio Lagrotteria, Giovanni Parlato, Antonino Ferrante, Eugenio Battaglia, Concetto Bosco Logiudice, Francesco Domenicco Costanzo, Giuliano Vidoni e l’ex sottosegretario pd Luigi Meduri. I reati contestati vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione per l’esercizio della funzione e per atto contrario ai doveri di ufficio, dall’induzione indebita a dare o promettere utilità al voto di scambio.
La “Dama nera” (da cui ha preso il nome l’operazione della Finanza) è Antonella Accroglianò: per l’inchiesta, è il vertice della “cellula criminale” all’interno dell’azienda statale dell’Anas. Gestiva quello che il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone ha chiamato “ufficio mazzette” nel quale “va in ufficio tutti i giorni ma il suo principale lavoro è gestire questo flusso di corruzione…”. Il presidente di Anas Gianni Vittorio Armani ha espresso “piena fiducia nel lavoro della Procura di Roma, con l’auspicio che possa arrivare velocemente a fare chiarezza sui fatti ed aiutare il vertice dell’azienda a voltare pagina”.
I nomi dei “siciliani” implicati nell’inchiesta sono quelli di Francesco Domenico Costanzo e Concetto Bosco, agli arresti domiciliari: hanno fatto notizia. Come ha scritto “Il Fatto Quotidiano” Costanzo e Bosco sono due noti imprenditori catanesi ai vertici della Tecnis, grande azienda del Sud Italia, che si è aggiudicata appalti pubblici per quasi 800 milioni l’anno. Dalla metropolitana catanese ai lavori dell’anello ferroviario e del collettore fognario di Palermo, passando per il porto di Catania, quello di Ragusa, l’interporto di Catania oltre alla Salerno-Reggio Calabria e ad altre centinaia di commesse che hanno fatto della Tecnis la prima impresa del Sud Italia. Tra i lavori affidati alla Tecnis figura anche un lotto del viadotto Scorciavacche, sulla Palermo-Agrigento, franato una settimana dopo l’inaugurazione nel dicembre scorso. Costanzo e Bosco sono noti per le loro battaglie contro il racket delle estorsioni e per avere siglato protocolli di legalità in ogni appalto. Costanzo era tra i favoriti nel rinnovo dei vertici di Confindustria Catania.
Come scriveva “Livesicilia” l’8 luglio del 2013, Domenico Costanzo così veniva considerato per la sua trasparenza ed efficienza professionale: “Un simbolo lo era già per la scelta coraggiosa di denunciare il racket. Tanto più per averlo fatto in una regione, la Calabria, dove la criminalità organizzata mostra il suo volto più violento. Ma adesso Mimmo Costanzo, l’imprenditore catanese titolare della Cogip e socio al 50% della Tecnis, ha aggiunto un tassello al suo profilo di capitano d’azienda pronto a violare i tabù: Costanzo e la Tecnis, infatti, il 22 luglio consegneranno un lotto di 11 chilometri dell’incompiuta per antonomasia, l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, con un anticipo che ha dell’incredibile, un anno e mezzo di vantaggio rispetto ai tempi previsti (…) Costanzo, così, completa l’opera iniziata un anno fa, quando l’azienda gestita in comune con Concetto Bosco consegnò un altro tratto di 12 chilometri dell’A3. A lui, che già tre mesi fa era finito in copertina su “I love Sicilia”, così, sono toccati gli onori della cronaca: “La Stampa”, venerdì, l’ha dipinto come un esempio italiano di impresa sana ed efficiente, fiore all’occhiello dell’Italia migliore…”.
Nessun commento finale.
A SEGUIRE UNA NOTA STAMPA DELLA TECNIS IN MERITO AI FATTI CITATI:
Relativamente alle imputazioni che vengono contestate agli imprenditori Bosco e Costanzo, Tecnis desidera fare alcune precisazioni così da chiarire il contenuto della vicenda giudiziaria:
In primo luogo Tecnis intende chiarire che agli imprenditori Bosco e Costanzo non sono state rivolte accuse né per associazione a delinquere, né per appalti truccati. Le imputazioni riguardano il reato di “corruzione”, ma non, come è stato erroneamente divulgato, per ottenere somme non dovute. Le interferenze al vaglio della magistratura riguardano piuttosto un tentativo di accelerare i tempi di pagamento di corrispettivi dovuti, nonché per ottenere in tempi accettabili la presa d’atto per la cessione del ramo d’azienda Lombardia, necessaria per fare cassa per poter far fronte alle esigenze finanziarie dell’azienda.
Auspichiamo che si possa fare più rapidamente possibile chiarezza, al fine di consentire alla Tecnis la continuità d’impresa.